giovedì 18 aprile 2019

Perché allontanare i bibliotecari dalle biblioteche!

ULTIMA MODIFICA, 23/6/2019
1. - ANCORA CENSURA NELLE BIBLIOTECHE ITALIANE 
(1869 - 2017)
Dal 29 agosto 2017 finalmente libere le fotografie con mezzo proprio in archivi e biblioteche: questi istituti culturali hanno dovuto aggiornare i loro regolamenti per applicare la nuova legge. Ma in questa occasione come sono state applicate le norme che stabiliscono la libera fruizione delle migliaia di libri "nascosti" nelle biblioteche?





"Nel caso che per la lettura sieno permesse le ore della sera, quali ne sono i vantaggi e quali gli inconvenienti? I bibliotecari più autorevoli hanno trovato e confermato in questo permesso tali inconvenienti da superarne i vantaggi. (…) Si osservò che particolarmente nelle grandi biblioteche, le quali contengono opere preziose e rare, le ore della sera non sono adatte alla lettura. Esse favoriscono principalmente le letture frivole ed il guasto dei libri, e quindi dovrebbero venir soppresse. All'incontro devesi raccomandare l'aumento delle biblioteche scolastiche, professionali e popolari. Particolarmente queste ultime dànno eccellenti risultati. È mirabile il vedere il rispetto col quale il povero, il semplice operaio riceve il libro che gli viene affidato".

(Congresso statistico di Firenze, 1867)





Archivio BNCF A75 busta 507 fascicolo 4

Firenze, a dì 21 novembre 1907
Secondo fu già accennato nella Relazione dei lavori compiuti nel 1906-1907, in questa Biblioteca, essendo ormai approntata la Sala di studio riservata con una raccolta di opere di consultazione, mi pregio di presentare preventivamente al Ministero le norme con le quali verrà regolato l'accesso e l'uso a detta Sala.
Conforme si pratica già altrove, l'accesso alla Sala riservata sarà limitato alle persone che ottengono dalla Direzione la tessera per ciò: e la tessera verrà data normalmente a tutti gli studiosi ammessi al prestito senza malleveria, ma potrà venir conceduta anche ad altri, se ben conosciuti dalla Direzione, e compatibilmente col numero esiguo dei posti disponibili: in tutto non più di una trentina. 
Le opere comoprese in detta Sezione restano di regola escluse dal prestito (cfr. Art. 7 del Reg. sul Prestito). 
Per essere queste semplici norme naturale corollario del Regolamento vigente del Prestito, che trova una ragionevole applicazione per analogia dove si tratti di concedere, come in questa Sala riservata, l'accesso diretto dello studioso agli scaffali; confido che nulla osterà da l Ministero alla loro applicazione; e prego di volere in tutti i casi dare un cenno di riscontro quanto è possibile sollecito, alla presente. 
IL BIBLIOTECARIO CAPO




La prima sede della BNCF, oggi 
l' esclusiva Biblioteca degli Uffizi

Dal documento qui sopra del 1907 si può capire che i bibliotecari italiani di oggi hanno ricostruito in modo incompleto e strumentale la storia delle biblioteche pubbliche in Italia e soprattutto hanno perso la consapevolezza e il senso delle procedure (di identificazione del lettore all'ingresso e di sorveglianza dopo la consegna del libro richiesto) da sempre messe in atto per garantire il servizio della lettura e allo stesso tempo la conservazione delle raccolte librarie.
Qui viene descritta la nascita della Sala consultazione nella BNCF. Affiancando a questo documento il Regolamento per le biblioteche pubbliche governative n. 733 del 1907 e il Regolamento per il prestito dei libri e manoscritti n. 523 del 1908 (art. 11) possiamo dedurre come fosse disciplinato l'uso pubblico della biblioteche pubbliche e confrontarlo con le soluzioni messe in atto oggi.
Alla sua nascita, i criteri che limitano ad alcun categorie di cittadini l'accesso alla Sala riservata di "consultazione" non corrispondevano immediatamente a una logica di censura verso i lettori meno qualificati, a un atto di divisione nella folla promiscua di studiosi professionisti e di lettori occasionali (vedi qui sotto i provvedimenti del Fascismo, la Relazione BNCF 1975 fino ai "nuovi" regolamenti del 2017 aggiornati alla recente liberalizzazione dell'uso di apparecchi fotografici in biblioteche e archivi). Fino ad allora tutti i lettori di libri a stampa condividevano la "Sala lettura comune" ed erano quindi sottoposti alle stesse misure di sorveglianza e soprattutto tutti i cittadini avevano uguale diritto di richiedere in lettura qualsiasi libro (esempi: Regolamento Biblioteca dell'Aquila, 1884 ... La lettura e libera per qualunque persona e per ogni sorta di opere esistenti nella biblioteca. Solo ai giovani saranno negati i libri sconvenienti alla loro età. Regolamento Biblioteca di Siena. 1871 ... E' permessa la lettura di ogni libro. Regolamento per la Biblioteca comunale di Verona. 1861 ... Qualsivoglia studioso, compiuto l'anno diciotto d'età, può durante l'orario stabilito, intervenire e stare nella Biblioteca per leggere e copiare dai libri di essa ... La sala di lettura è il luogo designato per tutti. Nessuno ha diritto di porsi in altra stanza della Biblioteca).
La sala Consultazione nasce principalmente come biblioteca a scaffale aperto e come tale richiedeva ulteriori misure di sicurezza in termini di sorveglianza e di identificazione del lettore: infatti prima di allora l'utente della biblioteca non aveva accesso diretto né al libro né al catalogo. In questo costituisce una innovazione e si differenzia (art. 121 RD 1907) sia dalla Sala comune di lettura, sia dalla stanza separata nella quale il lettore che desiderasse leggere dei manoscritti (anch'essi conservati per sicurezza nei magazzini) era tenuto a recarsi, sottoponendosi a speciale sorveglianza (la Sala manoscritti e rari di oggi, già esistente all'epoca). Alla nascita della Sala consultazione corrisponde quindi un miglioramento del servizio perché qui, oltre a tutti i libri conservati nel magazzino disponibili con la mediazione del bibliotecario e dopo attente registrazioni, il lettore ha liberamente a disposizione la raccolta di libri predisposta negli scaffali di questa Sala (cfr. art. 112, primo e ultimo comma, RD 1907).
Non mi nascondo comunque il dubbio, che meriterebbe ulteriori ricerche, che già allora dietro questa innovazione del servizio vi fosse una volontà di sottrarre al grande pubblico proprio i libri posti negli scaffali della nuova Sala, perché, come accennavo, la Sala lettura dell'epoca (la sola "aperta a tutti", come oggi) ancora non aveva le attuali enormi limitazioni in termini di raccolte in esse distribuite per la libera lettura. Come si vedrà in questa 'pagina', infatti, la crescente censura nelle biblioteche pubbliche italiane sarà realizzata da un lato separando i lettori in stanze di studio diverse e restringendo così progressivamente i segmenti o "tipi" di utenti ai quali il bibliotecario "concede" il privilegio di leggere tutte le raccolte della biblioteca; dall'altro vietando addirittura l'accesso a intere biblioteche (distinguendo le "speciali" dalle "generali") ai lettori "comuni" classificati dal bibliotecario "non studiosi". Oggi queste due modalità di censura si combinano. Una ulteriore modalità con cui si realizza la censura nelle biblioteche "speciali", i cui libri si vogliono "riservati" a poche "categorie" di lettori, sono gli orari di apertura delle Sale e dei servizi di distribuzione dei libri. Ancora oggi sono limitati alle ore diurne, durante le quali chi non sia uno "studioso" di professione, ossia la gran parte dei cittadini e del pubblico potenziale di un istituto culturale, non ha tempo libero per recarsi in biblioteca (cfr. qui sopra il primo documento del 1867). L'influenza degli orari risulta tanto più importante se si considerano le caratteristiche della fruizione dei beni librari e si confrontano con quelle dei beni culturali conservati nei musei. Una ricerca bibliografica e la lettura sono attività di fruizione che richiedono tempi lunghi sia in termini di ore durante lo stesso giorno sia in termini di giorni ripetuti nell'arco di più settimane se non mesi.
Come dimostra il documento qui sopra, nel 1907 le possibilità di garantire la sicurezza durante la fruizione (per prevenire furti e danneggiamenti dei Libri) erano limitate dalla "tecnica" di identificazione dei lettori: "i cittadini ... li si conosceva, per tanto, a vista" (Marco Meriggi, Gli Stati italiani prima dell'Unità, Il Mulino, 2002, pp. 68 - 71). Una identificazione certa era possibile solo per alti funzionari, professori universitari e persone note alla Direzione per il loro ruolo nella società. E l'art. 36 del Regolamento per il prestito dei libri nelle biblioteche pubbliche governative del 22/2/1886 ci spiega che "Se gli impiegati della biblioteca non conoscono colui che chiede libri a domicilio, hanno il diritto e il dovere di chiedere che egli sia loro presentato da persona da essi conosciuta" (oggi invece la "lettera di presentazione" richiamata nei regolamenti delle biblioteche è una scrittura privata ormai priva di valore, superata dalla diffusione della carta di identità dopo il 1935). Rileggendo il documento del Bibliotecario Capo del 1907 sembra anche plausibile una seconda ipotesi: che la "lettera di presentazione" per l'ammissione a una biblioteca pubblica sia potuta sopravvivere nella prassi fino ad oggi perché frutto di una distorta estensione alla ammissione in Biblioteca di un altro documento caduto in disuso: la lettera di malleveria redatta dal professore e necessaria allo studente (fino al DPR del 1995) per avere libri in prestito, ossia per portare un libro fuori dalla Biblioteca. Oggi una richiesta assurda perché la malleveria costituiva una garanzia patrimoniale in caso di mancata restituzione o  danni al libro (la Biblioteca poteva rivalersi anche sul professore "mallevadore"), mentre la lettera di presentazione di un professore nei regolamenti di oggi non offre alcuna garanzia e costituisce solo un ostacolo pesante che decima arbitrariamente il numero di cittadini che possono entrare nella Biblioteca pubblica per leggere i libri sotto la sorveglianza del bibliotecario (cfr artt. 13, 17, 35 RD 1908).
Nella nuova Sala consultazione del 1907, quindi, per l'esigenza oggettiva di identificare il lettore, la tessera verrà data normalmente a tutti gli studiosi ammessi al prestito senza malleveria (pochi mesi dopo elencati all'art. 11 e 12 del RD 1908) e alle sole persone ben conosciute alla Direzione, ossia semplicemente tutte le persone maggiorenni (art. 108 RD 1907) identificabili con certezza. A questo fine, il Bibliotecario Capo di questo documento applica correttamente per analogia le procedure del Regolamento vigente del Prestito (oggi superate).
Comunque è fondamentale osservare che nella Sala di lettura comune fino ad allora, All'infuori dei manoscritti e degli incunaboli tutto il patrimonio storico delle Biblioteche, dal sec. XVI in poi, rimane a disposizione del pubblico ... e senza neanche la sicurezza di sapere chi egli sia ...  [MORONI Conte ALESSANDRO, Bibliotecario della Alessandrina di Roma, qui <https://bibliothecae.unibo.it/article/view/5717/5437>], ma con la mediazione del bibliotecario.
Anche l'orario per la lettura era all'epoca limitato alle ore diurne (cfr. artt. 110, 114 e 121 del RD 1907) per motivi di sicurezza delle raccolte (non per ridurre l'affluenza in biblioteca di segmenti di pubblico non graditi - i "non studiosi" ... -  come accade oggi): motivi legati alla prevenzione degli incendi, in quanto l'illuminazione utilizzava sistemi "a fiamma libera" (alla stessa esigenza risponde il divieto di fumare e di riscaldamento delle sale "riservate").
E' durante il Fascismo e con la crescente diffusione della "biblioteca pubblica" (definizione nella quale la biblioteconomia include le sole "biblioteche popolari") che si diffonde la censura nelle biblioteche pubbliche italiane. La "biblioteca pubblica" (aperta al pubblico senza discriminazioni) è per i bibliotecari un concetto che contiene nella definizione la volontà di limitare l'accesso al nostro patrimonio librario: infatti la biblioteconomia la definisce in termini limitativi per il lettore, sia per il "tipo di istituti culturali che comprende (esclusivamente le biblioteche di enti locali, in gran parte istituite in Italia dopo la nascita delle Regioni), sia per il tipo di raccolte librarie che possono offrire (contemporanee e di "cultura generale" e per questo a scaffale aperto). Tutte le altre biblioteche invece sarebbero "speciali" e non sono definite "biblioteche pubbliche" e così - per definizione - si impedisce l'accesso della generalità dei lettori alle loro collezioni. Ma questa censura messa in atto dai bibliotecari oggi non ha più alcun fondamento "tecnico" come poteva avere nel 1907. Oggi è giustificata da tesi infondate quanto stravaganti, come quella che le biblioteche pubbliche statali italiane siano "evidentemente destinate a categorie specifiche di lettori e ... destinate a essere aperte al pubblico sulla base di modalità di accesso fissate dai propri regolamenti interni" [Paolo Traniello,1999, qui sotto]. E' attraverso queste distorsioni che, dal Fascismo in poi, nonostante l'enorme l'evoluzione della società e delle istituzioni, i bibliotecari italiani - anziché estendere la fruizione di tutto il patrimonio librario delle biblioteche pubbliche a qualsiasi cittadino maggiorenne che presenti la sua carta d'identità e limitarsi a sorvegliare i lettori - scelgono gli utenti "ammessi alla biblioteca" e allontanano i più in base ad arbitrari e inopportuni criteri e giudizi di "adeguatezza culturale" delle persone. E' dal Fascismo e fino ad oggi (nonostante l'evoluzione in direzione opposta della normativa sui beni culturali) che le raccolte storiche delle biblioteche non sono più accessibili al pubblico, a causa dei crescenti ostacoli arbitrari posti dai bibliotecari all'accesso alle Sale riservate (nelle quali occorre realizzare una "conservazione" del libro basata sulla sorveglianza durante una fruizione "attenta", non sulla censura e l'esclusione dei lettori potenziali). E la "Sala comune" aperta a tutti descritta dal Conte Moroni nel 1905 (il cuore della biblioteca) sarà trasformata dal Fascismo - con grande soddisfazione dei bibliotecari italiani di ieri e di oggi - nell'attuale "Sala di lettura", dove il bibliotecario arrogante e ignorante relega i cittadini che non riconosce come "studiosi veri" ossia culturalmente all'altezza delle collezioni così maldestramente "conservate".
Oggi quindi le possibilità dei cittadini "comuni" di scoprire e leggere il bene culturale Libro nelle biblioteche pubbliche italiane sono nulle o quasi, essendo le letture possibili limitate, a causa di arbitrari atti contra legem a cui è giunto il tempo di porre fine, ai soli libri contemporanei (ossia le pubblicazioni recenti, quelle degli ultimi anni), a romanzi e libri di frivolo argomento e di mero passatempoo al massimo a quelli pubblicati successivamente al 1900. E questo è vero solo per quella esigua minoranza di persone (tra quelle già escluse dalla conoscenza dei libri "nascosti" nelle sale riservate) che ha il tempo e la pazienza per sopportare gli estenuanti ostacoli procedurali di una organizzazione dove tutti i componenti appaiono progettati con la finalità di scoraggiare e tenere lontano il lettore dal libro: orari di apertura della Sala lettura (ancora oggi non estesi alle ore serali), disponibilità di spazi e posti di lettura spesso destinati a scopi diversi dall'incontro con le raccolte conservate (lettura di libri propri, conferenze, attività accessorie, ecc.), rumori, luci inadeguate (ad es., si confronti l'illuminazione della Sala lettura e della Sala consultazione della BNCF), limitazioni del numero di libri dal magazzino che un utente di Sala lettura può richiedere nello stesso giorno (ribadisco, numero già limitati a una minima percentuale dell'insieme delle collezioni della biblioteca: ossia solo quelli recenti) e orari in cui si può presentare la richiesta di distribuzione di quei libri ulteriormente limitati rispetto all'orario di apertura della Sala lettura ...





"Ci sentiamo gran signori perché abbiamo la Marciana o la Laurenziana … ma … noi che vogliamo farne il culto di tutti, siamo ridotti a questo: o a invitare il pubblico alla profanazione di quei templi, o a offrirgli insufficienti e indecorosi surrogati ...
C'è l'esempio offerto dalla biblioteca Vittorio Emanuele di Roma. Fino a qualche mese fa questa biblioteca, che è la più grande della capitale, era presa d'assalto ogni giorno da una folla promiscua di studiosi professionisti e di lettori occasionali. … È bastato mettere una divisione tra l'una e l'altra categoria di lettori, lasciando esclusivamente ai primi la Biblioteca Nazionale e formando in separati locali, con circa diecimila volumi di nuovo acquisto, con cataloghi e con personale proprio, la «biblioteca per tutti», per dare equilibrio a due istituti che prima si minavano a vicenda. Ci sono voluti, per capirlo, cinquantaquattr'anni, ma finalmente s'è capito: o, meglio, si era capito da un pezzo, ma finalmente s'è potuto attuare, in grazia d'un principio d'interessamento che soltanto nel presente Regime le biblioteche hanno avuto"

(Luigi De Gregori. 1931)





"Non possiamo esimerci dal domandarci: ove si eccettuino le biblioteche specializzate, il cui compito è già determinato (ma più nettamente dovrebbe esserlo) e, in parte, le universitarie per lo stesso motivo, in che modo è da definire la funzione pubblica di tutte le altre biblioteche di cui ci stiamo occupando? …
Se le biblioteche sono aperte a tutti, che cosa chiederebbe ad esse quella stragrande maggioranza di cittadini che non sono studiosi di professione, né studenti universitari, né impiegati o artigiani preoccupati di risolvere un qualche problema tecnico di lavoro; che cosa chiederebbe ad esse se non appunto romanzi e (come il regolamento li chiama) libri di frivolo argomento e di mero passatempo?"

(IX Congresso Nazionale dell’ AIB, Associazione Italiana per le Biblioteche, 1954)




BNCF Relazione 1975. Sale di Consultazione,  p, 108
Archivio, A1, busta 511

Il 1975 è stato un anno particolarmente difficile per il settore Sale di Consultazione, dato che la carenza di personale, comune a tutti gli altri settori della Biblioteca, si avverte qui in maggior misura per le seguenti cause: 1) aumento del pubblico: infatti la lettura di tutto il materiale che riveste un minimo di rarità e di pregio è stata trasferita nelle sale di consultazione per sottrarla all'assalto dei lettori meno qualificati e male identificati; (...) 
Il personale (...) si è ampiamente prodigato, assoggettandosi, fra l'altro, ad un numero di turni pomeridiani superiori a quanto prescritto [quindi turni retribuiti in straordinario per orari di apertura della Biblioteca più che normali!] per tutti gli impiegati (1 turno) e comportandosi con signorile disinvoltura con il pubblico anche nelle numerose circostanze difficili.  





A Firenze, il 12 marzo scorso, sono stato invitato dalla commissione cultura della Federazione comunista fiorentina a partecipare a un seminario su "La Biblioteca nazionale centrale di Firenze: un progetto per vivere". (...)
 C’è una letteratura talmente vasta su cos'è un archivio nazionale del libro, che viene voglia di dire semplicemente alla burocrazia del Ministero per i beni culturali e ambientali (che non è una burocrazia né particolarmente sagace né particolarmente preparata): mettetela in opera. …
La crisi della Biblioteca nazionale centrale.. vede una specificità che non conosce bisogno di ulteriori analisi, ma semplicemente applicazione - ripeto – di suggerimenti formulati da tempo. .. Quali sono? ..  attenta selezione dei lettori, per non entrare in contraddizione con la nozione di archivio documentario

(Piero Innocenti, «Biblioteche oggi», 6., 1988,
n° 3, maggio-giugno: p. 81 e p. 83)





"Le biblioteche pubbliche statali - (...) Le funzioni delle diverse categorie di biblioteche pubbliche statali venivano definite nei precedenti Regolamenti organici, fino a quello del 1967, in ordine al quadro tipologico in essi delineato. Questo quadro è tuttavia venuto a cadere, come si è detto, nel Regolamento in vigore [del 1995] (...)
La nozione di “biblioteca pubblica statale” che si può evincere dalla normativa italiana in vigore è notevolmente vaga e confusa, soprattutto ove si voglia fare riferimento alla tematica relativa alla biblioteca pubblica contemporanea. (...)
La biblioteca statale è quindi, da questo punto di vista, semplicemente una biblioteca dello Stato aperta al pubblico. In realtà già a questo primo livello di definizione, le cose non appaiono in realtà così chiare. Se infatti leggiamo l’articolo 31 del Regolamento in vigore (Condizioni di ammissione), ci appare immediatamente chiaro che la possibilità di accesso dipende dal rilascio di una carta d’entrata, permesso o tessera annuale di frequenza, vale a dire di una autorizzazione che, per quanto possa venire concessa con larghezza, costituisce un requisito ulteriore rispetto alla pura e semplice condizione di cittadino (che deve invece bastare per l’accesso alle biblioteche pubbliche) (...)
A un livello di considerazioni più sostanziali, si deve anche osservare che le biblioteche pubbliche statali italiane non svolgono per lo più quella funzione che è considerata oggi come propria della biblioteca pubblica [contemporanea appartenente a un'amministrazione locale]: vale a dire un servizio volto a offrire ad un pubblico di carattere generale strumenti di comunicazione e informazione di tipo non previamente predeterminato. La maggior parte delle biblioteche che si collocano all'interno di questo insieme sono invece evidentemente destinate a categorie specifiche di lettori e quindi si pongono con i caratteri più delle biblioteche specializzate o delle biblioteche storiche che delle biblioteche pubbliche (...)
La nozione che stiamo cercando di individuare può insomma essere stabilita più che altro con criteri di carattere giuridico-formale, non già di ordine specificamente funzionale, valutabili in termini biblioteconomici. Ciò significa che, dato un insieme di strutture bibliotecarie presente in Italia, appartengono a questa categoria quelle che, pur svolgendo servizi bibliotecari di natura anche assai diversa tra loro, fanno tutte capo, come suoi organi, al ministero per i Beni Culturali, sono elencate come tali nell'apposito Regolamento e sono destinate a essere aperte al pubblico sulla base di modalità di accesso fissate dai propri regolamenti interni"

(Paolo Traniello, Legislazione delle biblioteche in Italia, Roma, Carocci , 1999, p. 30 - 37)




Antonio Magliabechi ... intende e vuole, che di tutti i suoi libri ... se ne formi una pubblica libreria a beneficio universale della città, e specialmente per li poveri, chierici, sacerdoti e secolari, che non hanno il modo di comprar libri e potere studiare

La Biblioteca - Informazioni generali - Regolamento interno

BIBLIOTECA   NAZIONALE   CENTRALE   DI  FIRENZE

(...) in ottemperanza all'art. 26 del DPR n. 417/1995 - Regolamento delle Biblioteche pubbliche statali, è stato elaborato un Nuovo Regolamento interno in vigore dal 1° ottobre 2017

REGOLAMENTO  INTERNO

Art. 2 - Ammissione

1. La Biblioteca, in considerazione dei prioritari compiti di conservazione dei suoi fondi e della complessità degli strumenti catalografici di cui è dotata, è destinata a quanti svolgono attività di studio e di ricerca e a coloro che non possono reperire in altre biblioteche le pubblicazioni necessarie per i propri studi. Al momento dell’iscrizione lo staff della Biblioteca suggerirà un possibile utilizzo alternativo di altre biblioteche che potrebbero rivelarsi più adeguate al tipo di ricerca da effettuare.

Art. 3 - Servizi

1. Sono liberi l'accesso alla Sala cataloghi, all'Ufficio informazioni e relazioni con il pubblico, alla Sala di lettura generale e alla Sala periodici. Il materiale in esse conservato è liberamente consultabile.
2. Le Sale di consultazione, la Sala manoscritti e la Sala musica sono destinate a utenti con particolari esigenze di studio e ricerca. L'accesso a queste sale è autorizzato dalla Direzione della Biblioteca su richiesta dell'utente corredata da congrua documentazione. L’accesso alle sale è libero per la consultazione del materiale a scaffale aperto.





La Biblioteca Riccardiana, biblioteca pubblica statale afferente al Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, è specializzata nella conservazione, valorizzazione e tutela dei propri fondi manoscritti e rari a stampa. (...)

2. Modalità di ammissione

Lo studioso che intende consultare le fonti manoscritte e a stampa della Biblioteca deve presentare un documento di identità riconosciuto (...) e compilare un modulo con i propri dati personali, da consegnare al bibliotecario in Sala di studio. Nel modulo lo studioso dovrà specificare l’argomento della ricerca, lo scopo della medesima e fornire adeguate e precise informazioni scritte sull'istituto, l’ente, l’organismo di ricerca a cui fa riferimento, documentandone l’appartenenza con attestati (tessere, lettere, altro). Gli studenti universitari e i dottorandi dovranno inoltre esibire una lettera di presentazione, rilasciata su carta intestata dell'Istituto dal Direttore della ricerca, che, oltre a fornire un profilo degli studi condotti dalla persona presentata, indichi il periodo di tempo necessario al completamento della ricerca stessa. (...)

4. Orario

lunedì e giovedì 8,15-17,15 martedì, mercoledì e venerdì 8,15-13,45sabato chiuso

<http://www.riccardiana.firenze.sbn.it/index.php/it/informazioni/accesso-e-servizi#ammissione>





Biblioteca Medicea Laurenziana

Sono ammessi alla Biblioteca gli studiosi che dimostrino di condurre ricerche scientifiche sulle fonti manoscritte e a stampa, in riproduzione o in originale. La consultazione diretta degli originali è consentita per motivate esigenze. Le opere a stampa moderne sono date in lettura in sede agli studiosi già ammessi alla consultazione dei manoscritti e delle edizioni rare.
(...) Non è previsto il prestito diretto [cfr. artt. 51 e 54 del DPR 417/1995




Biblioteca dei Marucelli per l'uso pubblico, soprattutto dei poveri

A: "dinosimone@virgilio.it"  
Data: 30 aprile 2019 alle 17.36 
Oggetto: Re: Nuovo regolamento 

Gentile Berardino Simone, il nostro Regolamento interno è in corso di revisione, sarà nostra cura pubblicarlo sul sito non appena sarà pronto. Naturalmente come tutte le biblioteche statali anche noi ci siamo adeguati alla nuova normativa in materia di riproduzione con mezzi propri, con le modalità che sono state comunicate con apposito avviso sul sito e che può trovare anche nella pagina dei Servizi alla voce Riproduzioni, questo il link diretto:

Per quanto riguarda le modalità di accesso degli utenti al patrimonio librario si può per il momento far riferimento al vecchio regolamento (...)
[ Art. 8, regolamento del 23/1/1997:
 http://www.maru.firenze.sbn.it/informazioni_regoint.htm ]

Rimaniamo a disposizione per ogni ulteriore chiarimento

Cordialmente
(...) 
Biblioteca Marucelliana 
Via Cavour 43/45 - 50129 Firenze









2. - LA BIBLIOTECA PUBBLICA SENZA QUESTI BIBLIOTECARI E SECONDO IL CODICE DEI BENI CULTURALI 





Decreto-legge 14 dicembre 1974, n. 657. Istituzione del Ministero per i beni culturali e per l’ambiente ... Art. 1. È istituito il Ministero per i beni culturali e per l’ambiente ... Art. 2. Il Ministero ... Promuove la diffusione dell’arte e della cultura
DPR 3 dicembre 1975, n. 805. Organizzazione del Ministero per i beni culturali e ambientali ... Art. 1 Il Ministero per i beni culturali e ambientali provvede alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali e ambientali, archeologici, storici, artistici, archivistici e librari secondo la legislazione vigente ... Art 30 ... Sono altresì organi del Ministero le biblioteche pubbliche statali :
... D.M. 147 12/03/2018
DECRETO DI ADOZIONE DEL PIANO DELLA PERFORMANCE 2018-2020
... Allegato parte integrante (P. 17 - 18): Finalità della spesa. Il Ministero ha competenza esclusiva sulla Missione 21 - "Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali" ... Alla Missione 21 affluiscono affluiscono la maggior parte delle risorse così ripartite: ... Programma 10 "Tutela e valorizzazione dei beni librari, promozione e sostegno del libro e dell' Editoria",  € 143.622. 621 ... (p. 47): ... DIREZIONE GENERALE BIBLIOTECHE. OBIETTIVI ANNUALI 2018 (...) Assicurare la salvaguardia e la conservazione al fine di migliorare la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale INDICATORE Utenti delle biblioteche nell'anno TARGET >= 900.000 





La crescente, talvolta quasi risentita, sottolineatura della conservazione come compito primario delle biblioteche storiche ha indotto alla coniatura di una nuova (non mi risulta essere mai circolata nel linguaggio  bibliotecario sino a un decennio fa) distinzione, quella fra « utenti propri » ed « impropri »: e questo neologismo non è rimasto racchiuso nel garbato, e quasi bizantino, limbo della precisazione terminologica, ma si è caricato di concretissimi effetti e di radicali discriminazioni (…) Ma una volta ammessa la liceità di erigere questo steccato, o addirittura questa barricata, nella folla (in realtà sempre benefica e mai troppo numerosa) dei lettori, con quale criterio si stabilirà chi accogliere e chi escludere?

(Marino Berengo, in Giornate Lincee sulle Biblioteche Pubbliche Statali. Roma, 21-22 gennaio 1993. Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1994, p. 22)


Una mentalità curiosa, quella del conservatore che deve difendere l'oggetto, il libro, fino al punto di precluderne l'uso. Un illustrissimo collega, dotto uomo, che si chiama Armando Petrucci, forse il nostro migliore paleografo, anni fa chiedeva nella Biblioteca Nazionale di Roma, un volume presente nella riserva. Egli era forse uno dei due o tre cittadini al mondo in grado veramente di adoperarlo e fruirne. La richiesta di averlo in lettura gli fu negata, al che Petrucci rispose: «allora bruciamolo!». Effettivamente l'unica soluzione dinanzi a tanti divieti è bruciare, cosa che naturalmente non avviene. L'idea ottusa di conservazione sta portando a questo genere di assurdità.

(Luciano Canfora, Per una storia delle biblioteche (p. 13-36), in Scuola Superiore di Studi Storici. Lo spazio del libro. AIEP. Repubblica di San Marino, 2013)


Anche l'offerta, dunque come la domanda, è diversificata, e lo è per ragioni storiche; ma (...) soprattutto senza che le biblioteche abbiano mai saputo o potuto mettere a punto (...) nei decenni passati una politica nazionale della ricerca, dello studio e della lettura incentrata sulle biblioteche di stato; ciò finora non è avvenuto per quella « volontà di ignoranza » che Franco Venturi ha recentemente identificato nella conduzione pubblica delle biblioteche italiane e che è difficile contestare; (...)
Oggi lì [alla Nazionale Centrale di Firenze] e altrove non solo gli orari d'apertura sono ridotti, ma sono drasticamente ridotti rispetto al passato anche gli orari di distribuzione del materiale librario. (...) All'uso libero della biblioteca (soprattutto) delle maggiori ostano inoltre anche regolamenti interni che individuano nel lettore un pericoloso sovversivo da contenere e da controllare: vengono richiesti illegali (stante il regolamento in vigore [DPR 417/95]) permessi di accesso; viene impedito di spostarsi da una sala all'altra, con le immaginabili difficoltà per il ricercatore; viene limitato numericamente l'accesso al pubblico a determinate sale o alla biblioteca nel suo complesso; viene limitato al minimo di due o tre il numero delle opere che è possibile richiedere; e così via (...)
Io penso possa essere utile avanzare in questa autorevole sede una serie di concrete proposte di gestione e di funzionamento delle biblioteche statali non costose in termini finanziarii, semplici da realizzare e utili a migliorare in modo significativo i servizi al pubblico. Queste proposte riguardano quattro aree di diritti che vanno al più presto restaurati e rispettati nelle biblioteche pubbliche statali: il diritto all'informazione, il diritto all'accesso, il diritto al libro, il diritto di uso e di vivibilità. (...)
Ove si consideri, poi, che più del novanta per cento degli italiani non mette mai piede in una biblioteca e che comunque, anche contando gli studenti con i libri propri, il numero dei frequentatori le biblioteche di Stato è complessivamente assai ridotto, ci si rende conto di quanto, nel quadro generale dello stato dell' acculturazione sociale e della ricerca scientifica in Italia, risulti distorto il concetto corrente di funzione pubblica delle biblioteche di Stato

(Armando Petrucci, in Giornate Lincee sulle Biblioteche Pubbliche Statali. Roma, 21-22 gennaio 1993. Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1994, p. 30, 31 e 35)





Autore: SIMONE, Berardino
Titolo: La certificazione nelle Pubbliche Amministrazioni. Quale rapporto fra norme ISO e norme giuridiche?
Periodico: De Qualitate: rivista italiana della qualità. - Roma : Nuovo Studio Tecna,
Mensile
Anno: 2002 - Fascicolo: 9 - Pagina iniziale: 25 - Pagina finale: 27

PARTE I – La Legge – 1. Il Regolamento delle biblioteche pubbliche statali.
Secondo la disciplina del DPR n. 1501 del 1967 le biblioteche statali erano parte del Ministero della Pubblica Istruzione. La loro funzione di fondo era quindi di essere di supporto alle ‘scuole statali per tutti gli ordini e gradi’ ed alle ‘istituzioni di alta cultura, università ed accademie’ (art. 33 della Costituzione). La biblioteca pubblica statale era infatti uno strumento ‘per giovare agli studi’ (art. 121 del DPR del 1967), e il materiale librario che ancora oggi caratterizza le diverse sale di studio (sala Lettura, Consultazione e Manoscritti) rifletteva i diversi livelli di istruzione dei cittadini, in un epoca in cui per molti la scuola dell’obbligo era stata quella elementare e le biblioteche statali escludevano dal prestito ‘le opere di letteratura amena … reperibili in biblioteche di tipo popolare’ (art. 108). 
Era compito del Direttore della biblioteca disciplinare gli accessi ad una sala piuttosto che un’altra, sulla base della coerenza del materiale librario in esse distribuito con gli studi che i potenziali ‘utenti’ stavano svolgendo. Infatti gli «utenti» sono espressamente indicati dal DPR 1501 con i termini: ‘ragazzi delle scuole, … discenti delle università, … docenti universitari, … e studiosi’. Non tutti i cittadini potevano quindi accedervi, ma solo i docenti e gli studenti che frequentavano gli Istituti Scolastici diretti dallo stesso Ministero di quelle Biblioteche. 
Sono passati sette anni da quando il n. 417 del luglio 1995 ‘Regolamento recante norme sulle biblioteche pubbliche statali’ – ha abrogato il DPR n. 1501 del 1967 (vedi supplemento ordinario n. 188 alla G.U. n. 233 del 5/10/95.). 
L’art. 1 del DPR 417/95 (ma già la Legge del 1975) pone le biblioteche pubbliche statali all’interno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Quindi oggi sono finalizzate a ‘promuovere lo sviluppo della cultura’ ed ‘il pieno sviluppo della persona umana’ (artt. 9 e 3 della Costituzione).
Le conseguenze pratiche sarebbero rivoluzionarie
Come in un museo dello Stato i cittadini dovrebbero accedere liberamente al patrimonio artistico delle biblioteche storiche pubbliche e, in base ai propri personali e privati interessi culturali, dovrebbero essere liberi di spostarsi da una sala di studio all’altra a seconda del tipo di materiale bibliografico a cui sono interessati. L’unico aspetto per cui l’analogia con i musei statali non è applicabile è nel fatto che l’utente di una biblioteca storica non può restare anonimo ma deve essere identificato (art. 36), perché per leggere acquista temporaneamente il possesso del bene artistico. La biblioteca statale oggi è un Servizio Pubblico aperto a tutti i cittadini come lo è un Museo dello Stato e non può più essere riservato a determinate categorie di cittadini né all’ingresso né in alcune sue sale: sarebbe come se agli Uffizi le opere più antiche o rare fossero visibili solo a ‘docenti’ e ‘studiosi’, o il Direttore del museo autorizzasse l’ingresso in certe sale solo ai ‘docenti’ ed ai loro ‘discenti’. 
A conferma di questa interpretazione nel DPR del 1995 non si trovano più le categorie di cittadini/studenti indicate nel DPR del 1967 ma semplicemente il termine ‘utenti’ (artt. 31 – 40), mentre gran parte dei suoi articoli si occupano di disciplinare nel dettaglio le registrazioni delle informazioni necessarie per assicurare che i libri non si possano smarrire o sottrarre durante la movimentazione interna e la consegna al pubblico. In particolare in Sala Manoscritti tali registrazioni sono particolarmente dettagliate: quasi ogni spostamento dell’opera deve essere documentato su appositi moduli, ed il Direttore può autorizzare la consegna di un manoscritto solo all’ ‘utente’ maggiorenne (art. 37), che giuridicamente ha la capacità di agire e quindi eventualmente risponde dei danneggiamenti causati. Allo stesso tempo però il DPR del 1995 (e la normativa introdotta dal 1990 ad oggi per modernizzazione e migliorare la qualità delle Pubbliche Amministrazioni) richiede al Direttore della biblioteca il massimo sforzo per agevolare e semplificare i servizi al pubblico, per cui il ”Conservatore’ che volesse operare nella legalità dovrebbe prendere atto che non ha l’autorità di impedire all’utente la fruizione del bene librario ma solo di disciplinarla nel modo più opportuno
Ciò che distingue le sale ‘riservate’ – qui è la fondamentale innovazione – prescinde dalle qualità soggettive dei cittadini/utenti: sono sale specializzate nel senso che richiedono attrezzature e servizi adeguati ad una corretta custodia e consultazione. Purtroppo, come ben sanno gli utenti delle biblioteche ‘pubbliche’ statali, la realtà è ben diversa
Ancora oggi i cittadini che si avvicinano alle biblioteche pubbliche muniti del loro documento di identità possono accedere solo alla Sala Lettura, dove tradizionalmente vengono distribuite esclusivamente le opere moderne (escluse quelle collocate negli scaffali delle sale riservate), addirittura con modalità più restrittive e in numero ridotto rispetto a quanto previsto per le opere antiche e moderne distribuite nelle sale riservate.

PARTE II – La prassi contra legem – 2. Un caso emblematico della diffusa prassi bibliotecaria.
La Direzione Generale Beni Librari con un ritardo di quattro anni – e solo grazie a reiterati reclami degli utenti – ha preso atto che una Amministrazione Pubblica deve applicare la Legge e nel dicembre 2000 ha approvato il Regolamento interno che la Direzione della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ha [avrebbe] dovuto predisporre ‘in conformità’ con i nuovi principi generali (come prescritto dall’art. 26 del DPR del 1995) . 
Alla fine del 2001 la BNCF ha anche ottenuto la Certificazione di Qualità del Sistema di Gestione, secondo lo norma ISO EN UNI 9002: 1994, da un Organismo di Certificazione accreditato da (e finanziatore del suo controllore) il Sincert. 
Le ISO sono solo norme tecniche, ma presupporrebbero il rispetto delle norme giuridiche del settore di appartenenza dell’Organizzazione certificata, definita ‘fornitore’ (‘4.9 Il fornitore deve individuare e pianificare i processi di produzione … che hanno diretta influenza sulla qualità ..e.. assicurare che siano attuati in condizioni controllate. Tali condizioni devono prevedere … la conformità con norme/codici di riferimento’). 
Così non è stato, si è violata sia la ISO che la Legge con un Regolamento rappresentativo di un concetto distorto di ‘conservazione’ approvato dalla Amministrazione Centrale e – questa è la mia impressione – comodo per i bibliotecari delle Biblioteche storiche, se non altro perché permette di eludere le complesse problematiche della custodia e della conservazione del libro e di ridurre il carico di lavoro derivante non dalla tradizionale e tranquilla attività di catalogazione e restauro (vedi ancora l’esperienza BNCF: un’Area Digitale più che miliardaria – in lire – ‘inaugurata’ nel 1999 e l’alluvionato del 1966 entrambi ancora incompiute) ma dal crescente servizio al pubblico richiesto da utenti esigenti e sempre più ‘anonimi’, non più rappresentati dalla rassicurante cerchia di ‘facce conosciute’. 
Nel nuovissimo [dicembre 2000] Regolamento interno della BNCF, all’art. 3 (Accesso) si legge che ‘la biblioteca, è destinata a quanti svolgono attività di ‘ricerca’. In particolare possono accedere nelle Sale Consultazione, Musica e Manoscritti i ‘professori o studenti in possesso di una lettera di presentazione del professore’ (artt. 4 e 6). 
Si fa un formale riferimento alla possibilità di avvalersi delle norme su l’autocertificazione, ma non si esplicita cosa è necessario dichiarare (ad esempio la qualità di studente). 
L’utente incontra enormi difficoltà per fornire una non trasparente ‘congrua documentazione’ relativa a ‘motivate esigenze di studio o di ricerca’ (art. 4 Regolamento interno). Questo perché i compiti di garantire la custodia e controllare il materiale librario sono stati tradotti in un controllo su quali cittadini autorizzare a consultare un libro.
Ad un controllo che il Diritto Pubblico definirebbe ‘oggettivo’ ed ‘imparziale’ si è preferito un controllo ‘soggettivo’ e illegittimo in quanto ‘discriminatorio’.
Al controllo rivolto alla movimentazione dei ‘prodotti’ che la Scienza dell’Amministrazione classificherebbe come ‘tecnico- gestionale’, si è preferito un ‘controllo sociale’ basato non solo sull’appartenenza o meno del cittadino alla ristretta comunità universitaria ma addirittura sulla sua ‘cooptazione’ nella famiglia degli ‘studiosi’.
La carta di identità, la maggiore età dell’utente oppure il certificato d’iscrizione ad una scuola o università hanno un valore secondario per accedere in questa biblioteca. Il documento principale che occorre procurarsi ed esibire è la lettera di presentazione del professore’, che in questo contesto probabilmente ha il valore di un atto di diritto privato, e quindi è una raccomandazione istituzionalizzata. 
Leggendo il regolamento si nota che neanche il possesso di particolari conoscenze scientifiche, nel nostro ordinamento giuridico attestato dai titoli di studio legalmente riconosciuti, è il criterio rilevante per avere diritto ad accedere a questo servizio pubblico. La logica di questa esclusione deriva da una prassi distorta, che trova forse origine nel DPR del 1967 abrogato nel 1995. Il titolo di studi indica che il cittadino/studente è uscito dal mondo dell’Università e della Scuola, quindi è come se improvvisamente avesse perso il diritto, le capacità e l’interesse culturale per accedere a gran parte dei beni librari di una biblioteca ‘pubblica’ ‘di conservazione’ che rifiuta di definirsi Biblioteca di Servizio.
L’amara conclusione è quindi che la riforma delle biblioteche statali del 1995 stenta ad essere applicata. L’attaccamento alla ‘tradizione’ impedisce a queste Organizzazioni Culturali di perseguire il loro fine istituzionale, ossia ‘lo sviluppo della cultura’ ed ‘il pieno sviluppo della persona umana’, determinando invece il rischio concreto di una lesione dei diritti fondamentali delle persone. (...)





(...) Oggi potrei aggiungere che quella norma si è rivelata inadeguata a riformare il settore (anche) perché il Legislatore non ha considerato o ha sottovalutato le "resistenze culturali" del contesto su cui voleva incidere, lasciando troppa autonomia a una Amministrazione incapace di interiorizzare la sfida e innovarsi spontaneamente. (...) Le principali leve della regolamentazione del servizio dovrebbero essere disciplinate a prescindere dalla volontà della Amministrazione dei beni librari. Mi riferisco a un orario di apertura al pubblico (e della distribuzione) uniforme su tutto il territorio nazionale (con l'accorpamento di raccolte e personale non in grado di garantirlo), dove non si confonda l'orario di apertura (funzione delle "esigenze dell'utenza", secondo il buon senso e il D.Lgs. 165/2001, art. 2) con l'orario di lavoro (funzione dell'orario di apertura, non viceversa). A una tessera d'ingresso unica per tutti gli istituti (biblioteche e archivi), a un regolamento-tipo per tutte le biblioteche che il direttore- bibliotecario (o il direttore-restauratore ... ) possa integrare solo per i dettagli. Aggiungerei elaborazioni centralizzate (grazie alle tessere uniche) delle informazioni sul numero dei lettori e dei Libri richiesti (al netto degli ingressi per il prestito), a cui collegare il salario variabile degli operatori. E il divieto esplicito di qualsiasi attività diversa dai servizi per la fruizione delle raccolte custodite dalle biblioteche. A cominciare dalla cosiddetta "pubblica lettura" ovvero la lettura di libri propri (analogamente a quanto accade nei musei, dove nessun utente occupa le sale attrezzate per esporre al meglio un proprio quadro o la propria statuetta). Ancora, drastica riduzione delle mostre: solo in occasione di importanti acquisizioni, oppure per far conoscere cosa si fa per il recupero del Libro e per pubblicizzare il ritorno al pubblico del materiale restaurato (queste sarebbero probabilmente le occasioni ideali a cui collegare inviti al mecenatismo in favore della biblioteca (...)

[Estratto dal mio, La sfida culturale dei beni culturali : dall'idea ottusa di conservazione alla complessità del restauro del nostro patrimonio librario ovvero, Abbattere la fortezza : dalla biblioteca "di conservazione" alla biblioteca di fruizione (e dalla "biblioteca pubblica" alla biblioteca di lettura. Settembre 2015. Scritto per e pubblicato sul sito AICRAB, non più presente in rete:
<https://www.aicrab.org/fileallegati/berardino-simone.pdf>]





Codice dei Beni Culturali (2004)
Articolo 101 Istituti e luoghi della cultura.
Si intende per (...) “biblioteca”, una struttura permanente che raccoglie, cataloga e conserva un insieme organizzato di libri, materiali e informazioni, comunque editi o pubblicati su qualunque supporto, e ne assicura la consultazione al fine di promuovere la lettura e lo studio.

Decreto Legislativo 22 gennaio, 42 (G.U. n. 45 del 24 febbraio 2004 – Supplemento Ordinario n. 28)





"Una Biblioteca, che si caratterizzi come pubblica, è tenuta a soddisfare due obblighi: il primo è quello di mettere a disposizione dell'utenza, con le modalità più larghe e liberali, le raccolte librarie di cui si trova dotata; il secondo è quello di tutelare quello stesso materiale librario in maniera che non soffra danneggiamenti, né per l'uso né per l'azione di fattori comunque nocivi, quali umidità, temperatura, inquinamento chimico, insetti, ecc. ...
Una delle soluzioni - la più comune anche perché la più agevole - è quella di dividere la Biblioteca in due settori spesso rigidamente distinti: ... le notizie sulle edizioni incunabulistiche normalmente neppure compaiono nel catalogo generale per autori. ...
A nostro parere, mentre ciascuno dei due obblighi è imperativo ... il principio della fruizione deve venire considerato sempre non solo primario ma dominante. ...
Angelo Rocca nell'aprire la prima libraria pubblica europea in Roma nel 1595 aveva fatto incidere sul portone "Volentibus", e nessun altro motto può sostituirlo e fissare altre restrizioni. Altrimenti si chiudano le biblioteche pubbliche!"

(Alfredo Serrai. Il Bibliotecario - III serie, 2008, n. 3, pag. 153)





Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali (2014)
Art. 38 Biblioteche
1. Le Biblioteche pubbliche statali, uffici periferici della Direzione generale Biblioteche e Istituti culturali, svolgono funzioni di conservazione e valorizzazione del patrimonio bibliografico, assicurandone la pubblica fruizione

DPCM 29 agosto 2014, n. 171 (GU Serie Generale n.274 del 25-11-2014)





Un selfie pagato a caro prezzo

Beni culturali. Vietato fotografare libri e manoscritti antichi. Lo stabilisce un emendamento alla legge 106. Un’intervista con Carlo Federici, uno dei massimi esperti in conservazione di materiali documentari
(...)
Lei ha aderito alla petizione «Fotografie libere per i beni culturali» denunciando l’assurdità dell’esclusione dei beni bibliografici e archivistici dalla liberalizzazione. C’è una relazione tra riproduzione fotografica e pericolo di eccessivo contatto – quindi di usura – con libri antichi e documenti oppure è una questione malposta? 

Chiariamo che la riproduzione non determina alcun contatto con l’oggetto da riprodurre poiché l’apparecchio deve necessariamente essere posto a una certa distanza dall'oggetto. Se mai è la consultazione che potrebbe sollecitare materialmente il documento. Ma, ribadito che libri e documenti vengono conservati per essere studiati, credo che sia il caso di sfatare la superstizione che il degrado di questi beni culturali sia accelerato dalla fruizione. Parlo ovviamente della fruizione prudente e avvertita: un libro antico non può essere consultato come si farebbe con un quotidiano che è prodotto per durare un giorno. Ciò premesso, stabilito che è nostro dovere trasmettere ai posteri il patrimonio culturale che abbiamo ricevuto in eredità dai nostri padri, vorrei far notare che anche noi siamo tra i posteri cui spetta il godimento di quelle testimonianze del passato.

(il manifesto, Un selfie pagato a caro prezzo. Alessandra Pigliaru, edizione del 17.06.2015)





Autore: SIMONE, Berardino
Paper: Una democrazia per pochi. I limiti di accesso alle biblioteche statali
Periodico: Forum di Quaderni costituzionali, sezione telematica di Quaderni Costituzionali (Direttore Carlo Fusaro). 
Anno: 2016

(...) Stupisce che di questa evoluzione della normativa superiore non vi sia traccia nei regolamenti interni di oggi. (...)
Questo perché i responsabili delle biblioteche statali interpretano i loro compiti, più che secondo il principio gerarchico delle fonti, sotto la particolarissima luce delle teorie biblioteconomiche. Per comprendere la peculiare situazione dell'amministrazione delle biblioteche statali è quindi indispensabile addentrarsi in alcune convinzioni della biblioteconomia. (...) (...)

(...) La "sfida" dei beni culturali. 
Dalle biblioteche di "conservazione" alla "Biblioteca Pubblica"

Per cercare di capire (e superare) le prassi e le resistenze culturali che impediscono il libero accesso alle biblioteche antiche italiane e al loro (anzi nostro) sconosciuto patrimonio librario, ho sfogliato per anni la poco entusiasmante letteratura biblioteconomica (...)






Autore: SIMONE, Berardino
Titolo: LEGGERE nella BIBLIOTECA delle OBLATE
Sulla 'pagina' LA BIBLIOTECA e la sua negazione di questo blog, "La fruizione negata del Libro":
<http://libroinbiblioteca.blogspot.com/2016/08/la-biblioteca-e-la-sua-negazione.html>
Anno: 2016

(...) Secondo piano. Il secondo piano offre una luminosa sala con tavoli, sedie e moquette (ereditata dalla ludoteca che inizialmente era il questa sala), dove si concentrano prevalentemente gli studenti per ritrovarsi e approfittare delle comodità per leggere i propri libri o appunti per gli esami. (...)

Primo Piano. Al primo piano vi sono la maggior parte dei servizi. In tre ampie sale si possono trovare i libri contemporanei a scaffale aperto, insieme a cd e dvd e il personale per le relative informazioni e il prestito, nonché i computer per navigare su internet.
Paradossalmente però per la lettura, nelle tre sale comunicanti ci sono in tutto solo un paio di tavoli da sei posti e qualche tavolino di quelli che può ospitare solo una persona. Si ha quindi l'impressione di essere invitati non tanto a fermarsi a sfogliare e leggere quei libri, ma a sceglierne qualcuno dallo scaffale per prenderlo in prestito e leggerselo a casa propria. (...)

Piano Terra - Sala consultazione o “sala Balducci”. Questa è la zona dove proprio non sono arrivati i benefici degli ingenti lavori (quelli inaugurati nel 2007 e nel 2013) per la “modernizzazione” della Biblioteca Comunale Centrale di Firenze [e mi pare indicativo che in rete non si trovino immagini della sala consultazione]. Come tanti anni fa, è solo in “sala consultazione” che è possibile scoprire e leggere le raccolte storiche, significativo punto di riferimento per lo studio della realtà civica di Firenze tra '700 e '900 (cito dall'art. 2 dell'ultimo regolamento della biblioteca, del 2001). [Nonostante le recenti ristrutturazioni non si è fatto tesoro della triste esperienza della alluvione di Firenze la quale suggerisce di conservare i libri più rari nei piani alti, non accessibili all'acqua dell'Arno.] (...)
Ma l'aspetto più disfunzionale sono gli orari. Se chi vuole utilizzare la Biblioteca delle Oblate per leggere il libro che si porta da casa, oppure per un caffè, per dormire o per passeggiare (magari con i cani) la trova aperta dalle 9 alle 24, coloro che desiderano conoscerne il “patrimonio librario” che custodisce devono invece riuscire a liberarsi dai propri impegni dalle 9 alle 14 (e fino alle 17 solo in un paio di giorni della settimana, mentre il lunedì la sala è chiusa).
Di fatto l'orario settimanale attuale è lo stesso e peggio distribuito (meno possibilità sul pomeriggio) di quello che questa biblioteca offriva al momento della sua fondazione, un secolo fa. Sul primo regolamento, del 1913, si può leggere che la biblioteca restava aperta per sei ore, cioè dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 17.
L'organizzazione della biblioteca appare ancora più irrazionale se si pensa che la sala Balducci (e l'attigua ex-sala lettura, nel caso ci sia una presentazione di libri) restano comunque aperte, con la presenza di personale, fino alle 19. Solo che allo scoccare delle 14 la sala “consultazione” si trasforma improvvisamente (direi, come la carrozza di Cenerentola) in sala “studio”: ossia i libri della biblioteca devono essere riconsegnati, vengono rinchiusi nel magazzino e la sala si può utilizzare solo per leggere i libri portati da casa (il cosiddetto servizio per la “pubblica lettura”, che non dovrebbe esaurire le funzioni di una biblioteca pubblica o essere il servizio prevalente e che sarebbe meglio definire “lettura privata in luogo pubblico”). (...)





"L'argomento « servizi ai lettori » o « servizi agli utenti » è decisamente uno di quelli che è difficile trattare in maniera radicalmente diversa da come sarebbe trattata in un qualsiasi manuale di biblioteconomia ...
I servizi al pubblico nella sezione locale non presentano particolari problemi di gestione, se non quelli derivanti dalla necessità, già più volte menzionata, di conciliare  rigorose esigenze di conservazione con la vocazione naturale alla più larga comunicazione dei materiali ...
In grandi biblioteche con cospicue raccolte di materiali, la sezione (o, in questo caso, il dipartimento) può disporre di proprie sale di lettura ...
Che siano attrezzature e spazi riservati o condivisi, quello che importa è garantire sempre e comunque, a questi utenti « privilegiati » della biblioteca, la possibilità di lavorare e riservare loro, se non un locale, almeno un tavolo o qualche posto a sedere, non a svantaggio di altri utenti che utilizzino comunque materiali della biblioteca, ma almeno dei cosiddetti utenti con libri propri, che hanno maggiori possibilità di trovare da qualche parte un posto al chiuso, una sedia e un tavolo, di quante ne abbia lo studioso locale o un laureando, di trovare in un altro luogo quel manoscritto, quella mappa, quel giornale, quella bibliografia ...
Va esaminata l' opportunità di istituire registri quotidiani di controllo, a fini statistici e conoscitivi e a fini di sicurezza, dei frequentatori della raccolta ...
E' nei servizi di informazione che la raccolta locale può dare, a livello di servizi al pubblico, il meglio di sé ...
L' importante è semmai che, nell' esercizio di essa, il bibliotecario sia sempre in grado di porre un freno al suo zelo e alla sua generosità sia nei confronti dell'utente comune - che egli deve indirizzare alle fonti e agli strumenti, senza arrivare a identificazioni e sostituzioni inopportune - sia nei confronti del ricercatore smaliziato e potenzialmente autosufficiente ... senza che il bibliotecario sbilanci il proprio impegno a favore del bisogno « personale », « privato » di un solo utente, sottraendolo alle esigenze degli altri lettori in misura eccessiva e per un tempo incompatibile con il suo dovere deontologico ...
A Cambridge, quando un utente richiede questo servizio, è invitato dalla biblioteca a compilare un modulo dove a sua volta dichiara se possiede una qualsiasi speciale conoscenza sull' argomento oggetto della richiesta o su qualsiasi altro argomento di studi locali; e se egli ha pubblicato articoli o libri. A questo punto si chiede al ricercatore se è possibile indirizzare a lui le richieste sull' argomento di sua competenza, nel caso che le risorse dell' istituto dovessero essere insufficienti."

(Rino Pensato, La raccolta locale, Milano, Editrice Bibliografica, 2000, pp. 175-181)

































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