martedì 25 novembre 2008

Biblioteca pubblica e biblioteche pubbliche

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Alfredo Serrai, 2008
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Una Biblioteca, che si caratterizzi come pubblica, è tenuta a soddisfare due obblighi: il primo è quello di mettere a disposizione dell'utenza, con le modalità più larghe e liberali, le raccolte librarie di cui si trova dotata; il secondo è quello di tutelare quello stesso materiale librario in maniera che non soffra danneggiamenti, né per l'uso né per l'azione di fattori comunque nocivi, quali umidità, temperatura, inquinamento chimico, insetti, ecc. ...
Una delle soluzioni - la più comune anche perché la più agevole - è quella di dividere la Biblioteca in due settori spesso rigidamente distinti: ... le notizie sulle edizioni incunabulistiche normalmente neppure compaiono nel catalogo generale per autori. ...
A nostro parere, mentre ciascuno dei due obblighi è imperativo ... il principio della fruizione deve venire considerato sempre non solo primario ma dominante. ...
Angelo Rocca nell'aprire la prima libraria pubblica europea in Roma nel 1595 aveva fatto incidere sul portone "Volentibus", e nessun altro motto può sostituirlo e fissare altre restrizioni. Altrimenti si chiudano le biblioteche pubbliche!

[ Il Bibliotecario - III serie, 2008, n. 3, pag. 153 ]
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C'è un altro aspetto che affida al libro - e di riflesso alle biblioteche - una funzione razionale ed emotiva che la comunicazione elettronica degli stessi testi non possiede, ed è quella legata al rapporto, estetico e di suggestione temporale, che caratterizza il libro in quanto oggetto prodotto in epoche talvolta molto lontane.
Ci rendiamo scarsamente conto del fatto che i libri antichi - a differenza degli edifici, dei mobili, del vasellame, degli abiti, dei quadri - sono non soltanto i più vetusti fra gli artefatti che ci circondano, ma che sono addirittura degli oggetti ancora rispondenti al medesimo tipo di fruizione per cui vennero allestiti 400 o 500 o 600 anni fa; un impiego che, molto più frequentemente di quanto si creda, non è stato soppiantato da libri in edizioni successive. Che i libri e le biblioteche antiche abbiano dentro di sé anche il fascino di un tempo così tangibilmente trascorso, è un prezioso elemento di suggestione e di incitamento spirituale che le comunicazioni elettroniche, anche degli stessi messaggi, non potranno mai suscitare.
Se il tempo è il fulcro metafisico della nostra esistenza, e il suo dilemma più acuto, niente ce ne fa assaporare la continuità e gli addensamenti quanto una biblioteca antica, vuoi con la presenza dei suoi volumi, vuoi, quando si ha la fortuna di poterne godere ancora, attraverso il palpitare della sua concreta spazialità, e cioè nel vaso originario corredato dalle scaffalature del tempo.
Ma non si tratta solamente di apprezzare le vibrazioni di una realtà suggestivamente emotiva e poetica; al di là del piano delle sensazioni estetiche va considerata la ricchezza e la imprevedibilità dello specifico scenario bibliografico che viene offerto da ogni raccolta libraria, e che quasi mai è stato, non solo rappresentato ma neppure delineato attraverso le sintesi, spesso compendiate e faziose, delle corrispondenti narrazioni storiografiche
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[ Il Bibliotecario - III serie, 2008, n. 1/2, pag. 16 ]
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Resta in ogni caso aperto il problema di trovare alberghi bibliografici congrui per le opere del passato, stratificatesi in ere in cui i valori e le funzioni di verità erano radicalmente diversi da quelli presenti nel pur ampio ventaglio attuale: riabilitare i paradigmi originari, e quindi allestire tanti sistemi culturali quanti servirebbero ad ospitare la gamma delle antiche realtà cognitive, oppure costringere, di volta in volta, le testimonianze antiche nelle nicchie ideologiche correnti?...
I patrimoni intellettuali di civiltà eterogenee sono strutturabili in forme comuni a patto di utilizzare non configurazioni messe a disposizione da uno dei sistemi, fosse anche il più recente, ma degli apparati interpretativi talmente potenti da essere capaci di attribuire a tutte ed a ciascuna delle civiltà, per quanto difformi, o addirittura reciprocamente contraddittorie, congrue e legittime funzioni agnitive.
Questa è la strada che le elaborazioni bibliografiche dovranno imboccare, questo l’impegno che la Bibliografia non potrà non assumere se vorrà accingersi a costruire una mappa classificatoria universale: tale da accogliere, con la sostanza delle opere, anche gli edifici concettuali di un’ampia gamma culturale…
Nella assenza di una tale struttura, di autentico ecumenismo cognitivo, non rimangono che gli abborracciamenti tipo “Internet”…
Purtroppo, oggi, è la stessa concezione di una biblioteca elettronica a risultare inficiata da questa concezione: l’utente cerca ciò che sa o presume che ci sia, non ciò di cui ignora l’esistenza e che potrebbe tornargli immensamente utile… [N.d.R.: Vedi anche l’ampia Introduzione, in, A. Serrai, F. Sabba, Profili di Storia della Bibliografia, Milano, Sylvestre Bonnard, 2005; e F. Sabba, “Documenti” e “Monumenti”. “Accademie & Biblioteche d’Italia”, 3 / 4 (2004), p. 11 – 19.]
Se la Bibliografia non si assume il compito di sostenere tale ruolo, e non si applica a perfezionare le mansioni che ne derivano, si avrà un impoverimento del rapporto di conoscenza e di fruizione della letteratura; e indebolendosi il nesso fra le memorie esogene della specie e le memorie esistenziali degli individui … tenderà a nullificarsi l’esperienza storica
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[ Flosculi Bibliographici, Roma, Bulzoni, 2001,
(Il Bibliotecario; 17), pag. 96 ]
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Pagina chiusa il 12 dicembre 2008. Link aggiornati il 27 dicembre 2008
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5 commenti:

Anonimo ha detto...

Incompetente e cialtrone. faresti meglio a trattare argomenti in cui sei preparato....dici solo stronzate.

Dino ha detto...

SEGUE DA:
http://nonbibliofili.splinder.com/post/20951284/Diritto+alla+rete

Mi sembra giusto che sia ‘Gentilini’ ad avere l’ultima parola su questo spazio ed a decidere il peso che merita ogni argomento, ma il suo commento mi ricorda ricorrenti ‘parole d’ordine’ dell’attuale biblioteconomia su cui vorrei continuare a ragionare senza ‘invadere’ questo blog:

(http://nonbibliofili.splinder.com/post/20951284/Diritto+alla+rete).

Invito perciò chi volesse farlo - e prima di tutti Gentilini - anche nello spazio dei commenti di “fruizione negata”, qui:

https://www.blogger.com/comment.g?blogID=6875599286318118324&postID=6169630088328603367
... … .
Dino

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“ Gentilini,
#27 24 Luglio 2009 - 11:19

Un ultimo, breve commento: credo sia ora di superare la contrapposizione utente vecchio stampo/utente burino, biblioteca silenziosa/supermercato. I tempi sono veramente cambiati. Come sempre, usare categorie vecchie probabilmente impedisce di capire il nuovo.

L'utente (intendo dire la stessa persona in momenti diversi) può essere silenzioso e pensatore, ma anche fan di Mariah Carey, non vedo dove stia il problema. Ma soprattutto, non siamo noi a decidere cosa l'utente dovrebbe essere. Non funziona così, grazie al cielo ;-)

Se posso aggiungere un ultimo consiglio di lettura, raccomanderei Cultura convergente di Henry Jenkins. Fatemi sapere... :-) “



‘Gentilini’ utilizza un linguaggio che dimostra come sia molto aggiornata sul dibattito italiano degli ultimi anni su ‘le biblioteche pubbliche’.
L’assurdo di tale dibattito è che i bibliotecari partono da un concetto falso di biblioteca, ossia un concetto ‘variabile’ e in perenne mutamento a seconda dell’ultimo trucco sperimentato all’estero per raggiungere il budget, o dell’ultima richiesta di ‘informazioni’ fatta da un mitologico “Nuovo Utente” che il bibliotecario ‘pubblico’ avrebbe il dovere di rincorrere, anticipare ed accontentare (ma si sorvola sempre sull’ipocrisia che, se la biblioteca è “di conservazione”, tutto quando affermato non vale più e quello stesso ‘utente’ da sovrano diventa ‘improprio’, un impostore da mandare via…).
Il “Nuovo Utente” sarebbe - dato che la biblioteca è ‘pubblica’ semplicemente in quanto, secondo un altro errore dei bibliotecari, ‘aperta al pubblico’ - il sovrano ed il detentore del sapere delle funzioni ultime della biblioteca pubblica e quindi dei compiti dei bibliotecari. Il bibliotecario Pubblico non avrebbe nessuna altra “guida” nell’allestire una ‘biblioteca pubblica’ se non i desideri del “Nuovo Utente”…

L’approccio che ho schematizzato come sostanziale riassunto dell’attuale dibattito (se volete scendiamo in noiose e lunghe citazioni esemplificative, ma magari gli esempi nella seconda parte del blog vi saranno sufficienti...) è errato da un punto di vista logico e metodologico.
Da (contribuente e) lettore dei libri e del materiale custoditi (non “conservato”…) da una biblioteca Pubblica (= l’unico concetto accettabile di utente_di_Biblioteca_Pubblica) mi sento di criticare quell’approccio e denunciarlo in quanto portatore di “danni” per chi voglia stare tranquillamente in una Biblioteca Pubblica e, invece, vi trova o pregiudizi e disservizi giustificati da teorie stravaganti su cosa sia una biblioteca e chi debba quindi essere l’utente-Lettore, e quali e come debba utilizzare i libri e gli altri servizi (nelle biblioteche antiche o ‘di conservazione’); oppure tutt’altro, un luogo improvvisamente senza identità e senza più ‘regole’ per il lettore, caratterizzato da una miriade di attività per gonfiare delle statistiche di indicatori di “successo” nell’uso della biblioteca i quali poco rappresentano la biblioteca stessa e che arrivano a prescindere dalla lettura in sede del materiale posseduto dalla biblioteca (nelle biblioteche contemporanee o ‘pubbliche’).
In entrambi i casi trovo vi sia un immediato collegamento con le false teorizzazioni sul “tutt’altro” attribuite alla biblioteca, su presunte ‘nuove’ biblioteche per ‘Nuovi Utenti’.

(segue..)

Dino ha detto...

..(segue)

Cosa sia sostanzialmente una biblioteca è noto oggi come lo era secoli fa: al limite un giorno si potrà prendere atto che la biblioteca non esiste più e che sia stata sostituita da altro, un “altro” che avrà altre funzioni, caratteristiche di fondo, e quindi nome, e dove non lavoreranno più bibliotecari ma altre figure professionali. Ma ancora oggi il termine biblioteca ha un significato che è falso e fuorviante estendere genericamente a ‘tutto ciò che ha a che fare con l’informazione’.


A questo punto, venendo a commentare le ultime parole di Gentilini, vi sarà chiaro che per me quelle contrapposizioni sono errate per i motivi che ho cercato di evidenziare con questa lunga premessa, e le riscriverei così:
utente vecchio stampo / non utente,
biblioteca silenziosa / biblioteca rumorosa; non_biblioteca.

Anche la retorica della libertà di scelta dell’individuo (addirittura della democrazia..) è utilizzata a sproposito in biblioteconomia: il lettore, ognuno di noi, è libero di essere anche tante altre cose, fuori dalla biblioteca, e non solo il bibliotecario non deve decidere cosa egli debba essere, ma il bibliotecario deve essere del tutto indifferente rispetto ai mille altri aspetti della vita di un individuo in quanto non sono di sua competenza e non hanno nulla a che vedere con il suo lavoro e la biblioteca. Voglio dire che ogni individuo una volta uscito dalla biblioteca non sarà più lettore, potrà esprimere mille bisogni o DOMANDE, anche come fan di Mariah Carey, ma queste non avranno alcuna legittimità in un dibattito su la Biblioteca Pubblica e alcuna influenza su quale sia L’OFFERTA di una biblioteca ed il servizio che ci si può aspettare da un bibliotecario Pubblico.

Credo che se i bibliotecari si “romperanno il capo” dibattendo su cosa debba OFFRIRE oggi una Biblioteca Pubblica per essere degna di quel nome, allora ritroveranno numerosi – assieme alla loro smarrita e tanto evocata identità sociale - i loro ‘vecchi’ utenti, i Lettori di libri e quant’altro da leggere, scoprire, confrontare, scegliere (e su cui “socializzare”..) in una Biblioteca Pubblica.

Forse ciò avverrà quando avranno smesso di inseguire l’ultima DOMANDA di “informazione” e si ricorderanno cosa una biblioteca sia sempre stata e le riflessioni di altri come loro e prima di loro (come quelli che ho cercato di ricordare in questo blog) ad esempio Luigi Balsamo:

“[1980] Perciò la biblioteca di oggi deve aggiornare tecniche e metodi in questa più ampia visuale per essere in grado di assolvere la sua funzione sociale, che rimane quella di sempre in forme però adeguate alle richieste del nostro tempo, intensificate, più esigenti, ma soprattutto socialmente più estese”

Dino ha detto...

(..Segue)

Un riferimento recente collegato a quanto ho cercato di evidenziare è in, “Il mestiere del bibliotecario, di Carlo Revelli, in Biblioteche Oggi di aprile (pp. 8 -14).
Revelli è chiaro e lineare nel riportare concettualmente le diverse attività svolte dal bibliotecario all’idea di sempre della biblioteca (da Naudè, lì ricordato, ad oggi), attraverso la costante del collegamento di tali attività alla biblioteca luogo fisico, alle raccolte possedute e alla loro organizzazione per il pubblico; e attraverso l’altra costante della funzione di mediazione, pur al recente variare dei supporti.
Ad un certo punto, però, il discorso si fa più oscuro e sembra ci siano dei salti logici o che si diano per scontate affermazioni discutibili, tutte da verificare. Le funzioni unitarie delle biblioteche, di cui sopra, sono “inquinate” da “funzioni specifiche” (con pesanti conseguenze per quel pubblico) derivanti dalle “tipologie di biblioteche”. Il discorso perde la sua chiarezza e linearità e spuntano delle affermazioni, direi dei “dogmi”, sul rapporto tra tipologie e utenza di riferimento che a me sembrano giungere fino a contraddire le iniziali funzioni unitarie e quindi l’idea stessa di biblioteca. (sono affermazioni simili a queste quelle incongruenze logiche ricorrenti in biblioteconomia - come dicevo nei precedenti commenti – alle quali corrispondono nella pratica incomprensibili “regole” inventate dai bibliotecari lesive di un corretto rapporto tra lettori e biblioteche, e che non vengono mai dimostrate ma sono sempre evocate come verità incontestabili!). Ad esempio, da una parte dovrebbe essere sempre vero che:

“E’ il pubblico, dunque, la ragione di essere della biblioteca, di qualunque biblioteca”
ma allo stesso tempo:
“La biblioteca trae .. dalle sue funzioni specifiche le ragioni del suo pubblico”
e
“pur se si aprono ad un pubblico più vasto, le biblioteche non perdono la propria funzione di origine” (qui l’esempio specifico è l’universitaria di Tolosa che ha aperto l’uso delle proprie raccolte a tutta la popolazione).
e anche:
“La stessa biblioteca di conservazione, con accesso limitato [???!!?], esiste perché i suoi fondi possano essere consultati … .. Oggi si pone in evidenza in particolare per la biblioteca pubblica, l’interesse per la comunità [???], facendone un servizio orientato verso il pubblico piuttosto che verso le raccolte”.

Nonostante si arrivi ad evocare la “democrazia” e la “morale professionale” (altre ricorrenti “parole d’ordine” retoriche negli scritti di biblioteconomia, come la condanna della “censura”), si danno per scontate delle “funzioni specifiche”, le “tipologie di biblioteche”, che arrivano a negare la stessa idea di fondo della biblioteca, in quanto contengono dei pregiudizi sul rapporto tra biblioteca e utente potenziale delle sue raccolte che limitano di fatto la possibilità di acceso alla lettura (se preferite all’informazione”).

[Must be at most 4,096 characters]

(segue..)

Dino ha detto...

(..segue)

Tornando agli spunti nelle conversazioni iniziate nella pagina "Diritto alla rete" del blog “bibliotecari non bibliofili”, alla fine trovo anche in questo caso una confusione che può portare a giustificare qualsiasi posizione (e conseguente applicazione pratica nel nome del “pubblico”!!!).
Paradossalmente ci si potrà inventare (ed in parte esiste già..) una “nuova” biblioteca senza testi perché risponderà al “tipo” “biblioteca senza tavoli” voluta dal “pubblico” degli “amanti delle "informazioni" su cd, dvd, videogiochi e suonerie per cellulari”; ci aspettiamo presto la biblioteca con i giochi d’azzardo digitali che “raccoglie” e si fa “mediatrice” delle relative “informazioni” ed ha la incontestabile funzione sociale di rivolgersi al “pubblico” degli scommettitori (qualche polveroso libro su come fare la puntata vincente per arredare gli scaffali si trova); e alla fine anche una biblioteca dove i libri si bruciano, perché risponde al tipo della “informazione calda” alla quale corrisponde il "nuovo" pubblico che ha esigenze di informazioni in tempo reale!

Tutto diventa ammissibile e lecito sotto l'etichetta di "biblioteca"! Ma l’importante (in biblioteconomia) è che non si mettano in discussione i “dogmi” dei “diversi pubblici” delle biblioteche e accada davvero quello che accennava Gentilini: che lo stesso individuo possa esprimere domande di lettura diverse in momenti diversi e metta in crisi “le tipologie” ed i diversi “pubblici” inventati dai bibliotecari: lettore attento, lettore di svago, specialista, studioso, appassionato di libri, ecc., fino a pretenda di passare impunito da una biblioteca che offre raccolte contemporanee ad una con raccolte specializzate, ad una con raccolte antica.
La biblioteconomia ed il bibliotecario nei suoi slogan vuole sempre essere “democratico” e non vuole essere un "censore" e decidere per noi cosa “dobbiamo essere” (e quindi possiamo leggere..); ma ci tiene a ricordare ad ognuno di noi cosa NON siamo, a quale “pubblico” non apparteniamo e cosa non abbiamo il diritto di leggere: altrimenti perderebbero di senso la letteratura biblioteconomica degli ultimi decenni, tutto il "sistema" delle “biblioteche / “gabbie tipologiche” volute dai bibliotecari e le relative “regole” per l’accesso al libro ed alla lettura!